martedì 25 marzo 2014

Non si muore tutte le mattine.

Vivremo nel terrore che ci rubino i nostri sogni, la nostra essenza. 
In quell'ansia che distrugge, che fortifica o forse semplicemente ci accomoda. 
Salotti pieni di rancore e rabbia bruciata, amore distillato e parentesi sempre troppo vuote e spaziose. 
Un libro su un tavolo, che racconta storie perdute e mai avanzate, troppa solitudine per un giorno solo, troppo amore folle per un solo attimo di respiro. 
Non lo so perché la mano e il cervello scrivessero in istantanea senza chiedersi nulla. 
Era un capolavoro di quelli rari che spingevano verso traumatici e affannosi respiri. 
Il rumore dell'acqua che scorre in sottofondo mischiato al vento freddo che gelava il cuore. Mi bloccava. Ero paralizzata. 
Ogni dannata mattina resuscitare in un posto che non era il mio, ogni giorno svegliare la mia coscienza e rendermi più forte e più grata di ciò che non mi mancava. 
Ma io volevo scrivere, chiudermi e scrivere per sempre. 
Raccontare di noi, di me, di quello che c'era nella mia testa, il bisogno di narrare la mia esistenza. 
Io esistevo. C'ero. Non potevo non considerare che ero immersa in questa vita. 
Tutto intorno era mobile, i colori erano scoppiati ovunque e il pensiero era fisso alle mie ragioni. 
Nuovi indirizzi, nuove facce, nuovi giochi, tutto nuovo e tutto vecchio. 
Scambi continui e fredda gola, lingua secca, veleno sparso tra le boccette e sotto le unghia. 
Tutte le foto staccate dalle pareti, tutti i sogni addormentati, piccoli frammenti persi in indirizzi ormai inesistenti.
La cosa più difficile é saper restare in queste scarpe troppo strette che Dio, il salvatore delle esistenze, si, lui solo da come è sempre più difficile. 
Passi silenziosi e ingombranti, ombre chiare e riflessi di buio, in mezzo alla gente. 
Il comportamento più difficile da assumere, restare tra la folla quando ogni cosa ti lascia inadeguata. 
Il freddo delle ferite, il sogno rotto, gli specchi immobili. 
Cadono dai rami sulla mia testa pensieri e passi di parole. 
Adesso è troppo tardi per morire stamattina. 
Adesso è troppo presto per rincorrere una vita.
Adesso è adesso, ed io credo andrò a fare un po' di spesa.


lunedì 24 marzo 2014

Sempre in attesa.

È un continuo tormento quello che mi brucia dentro. 
Una malinconia mi assale nei momenti di quiete, mi colpisce dritta in faccia ed io come sempre spiazzata sento come se avessi la reazione di un bambino alla sua prima caduta col muso in avanti... Piangere. 
Come un continuo cercarsi senza mai raggiungersi, trovarsi senza aggrapparsi. 
Morire dentro mille volte, milioni di infarti e miliardi di resurrezioni. 
Ecco, le emozioni che spingono verso ogni dove sensibili e insensibili, forti, lievi, dolci, brusche. 
Tutto muta e tutto sembra sempre infallibile. 
Non lo so perché ci sono momenti in cui l'anima nonostante sia serena, così durante la giornata si spacca in due, si fa male; poi magari si rialza e continua a vivere come se niente fosse. 
Seduta davanti al futuro vedevo scorrere mille cose che non mi lasciavano certo indifferente, guardavo un po' indietro per vedere i miglioramenti e allo stesso tempo osservavo il mondo da un obló quasi come a non volerne mai uscire. 
Chiusa come una farfalla che non vuole spiegare le ali, persa come una nave in mezzo al temporale, bagnata come un diluvio di mezza estate; quando sei in acqua, al mare e non te l'aspetti mica. 
Con la forza di mille tempeste e la quiete di tante solitudini, con il vento sempre contro e mai a favore. 
Una calma che disturba, un momento di afflizione, una sorpresa inaspettata, una parola detta male, come è difficile sempre guardarsi con introspezione dentro se stessi. 
Volere tutto e non volere niente. 
Sempre in lotta costante con quello che si vuole ma non si vuole. 
Sempre in attesa. 

martedì 18 marzo 2014

La distensione di un palloncino.

Mentre per i cuori umani funziona che più ami, più provi sentimenti positivi e più il tuo cuore si dilata in una maniera smisurata, per i palloncini è tutta una questione di aria e fiato. 
Se soffio dentro ad un palloncino riesco a renderlo ben visibile, più soffio e più, restando senza fiato lo rendo bello. 
È come le bolle di sapone, ci devi mettere tutto te stesso, ti devi impegnare a più non posso. 
Ho capito tracciando percorsi immaginari e anche spesso sentieri veritieri che le persone non hanno voglia di impegnarsi nelle cose. 
Una volta, quando mio padre e mia madre avevano la mia età, era tutto più semplice. 
Generalmente si finivano gli studi e si cominciava a lavorare, perché il lavoro era ancora un diritto e un dovere che nessuno riusciva a negarti. 
Oggi invece ho notato, col passare del tempo, che tutto diventa più difficile e allo stesso tempo più facile. 
Facile nascondersi dietro ad un dito, facile dire "non ce la posso fare" o ancora peggio "non ce la faccio" prima ancora di aver provato. 
Ecco perché la gente ha smesso di soffiare nei palloncini, perché siamo senza aria, abbiamo polmoni inconsistenti. 
Vogliamo tutto e subito ma allo stesso tempo non vogliamo niente. 
Crediamo che tutto sia dovuto ma non facciamo niente per ottenerlo. 
Non è mai facile stare a sentire la voce della propria coscienza; ecco perché sono tornata a scrivere. 
Devo dare le parole a quello che ho deciso di essere. 
Fatti mai sospesi e anni mai arresi. 
Non ci si separa da ciò che si è solo perché le cose non vanno come vorremmo. 
La distensione del nostro cuore muta anche quando tutto intorno ci sembra non avere più un senso. 
L'amore come l'odio e ancor peggio l'indifferenza variano secondo dopo secondo e spesso non riusciamo a cogliere ogni sfumatura. 
Si corre dietro si sogni come alle illusioni, si rincorre il vento dietro alle maschere che ci costruiamo ogni giorno. 
Non ci mettiamo aria e passione e ci lamentiamo che non arrivi il cambiamento. 
Ma come si può distesi al sole di una nuova primavera ignorare il mondo che sta dentro di noi. 
Come si può mettere a tacere sempre tutto solo perché abbiamo paura. 
Paura di lottare, paura di amare, paura di sentirci vuoti e allo stesso tempo pieni. 
Paura di fare a botte con ciò che desideriamo, incessante desiderio di provarci e provarci ancora; perché l'Amore ci frega ma non ci abbandona mai. 
Correvano gli anni sotto quel sole sempre vivo e correvano le nostre vite stanche di attese. 
Era il sogno della grande rivoluzione, quella che un giorno ti alzi e trovi tutto come vorresti, tutto fatto di sogni diventati realtà. 
Niente affanni, niente menzogne, niente ipocrisie. Solo una vita come la si è sempre sognata attraverso un paio di film. 
Il boom della vita fatta di colori ed emozioni. 
I sorrisi che pervadono l'anima e la serenità che si aspettava da sempre e per sempre. 
Non c'erano illusioni nel distendere il braccio come il cuore; come il palloncino che si perde perché abbiamo deciso che essere liberi insieme sia la più grande conquista. 
Non mi vergognavo di quella estensione di sensibilità che spesso mi aveva portata alla deriva senza una rotta sicura. 
Era il coraggio di credere ogni mattino che potevo dare qualcosa in più, che potevo essere chi volevo e che non servivano grandi riconoscimenti per sorridermi allo specchio. 
Era la primavera che batteva forte alla porta o davvero questa rivoluzione era già in atto? 
Non lo so, e credo di non volerlo mai sapere; la vita mi guasta e mi sistema troppe volte al giorno per chiedermi anche cosa volesse. 
Mi piaceva solo, scrivere di lei e anche di me. 

*Al mio Amore, alla mia Famiglia e alle mie Amiche. Che inevitabilmente incidono su chi io sia, rendendomi una persona migliore ogni giorno che passa

lunedì 17 marzo 2014

Le anime non hanno bisogno di parole ♡

Luce che filtra dalle finestre, il sole di un buon mattino che entra per svegliare gli animi addormentati di sogni tormentati. 
Le carezze non ricevute, le promesse non mantenute, il sogno che non diventa realtà. 
La spensieratezza di chi non ha voce per parlare, la sincerità di chi con gli occhi racconta un mondo di storie sempre nuove ed emozionanti. 
Il sospiro dolce di un amore paziente. 
Quelle smorfie furbe e simpatiche, la dolcezza infinita di chi ama per i gesti teneri di una mano posata sulla testa.
Il capo sempre vigile, l'occhio mai stanco. 
Il battito che riesce a sincronizzarsi sempre anche quando non vorrebbe, anche quando non dovrebbe. 
Apro gli occhi, e riscopro te. 
Dolce cuore di panna. 
♡ 



Quando comincia una stagione III.

Vedete, quando comincia una stagione, i giorni che ne precedono l'arrivo sono sempre quelli più frenetici. Più attivi, più convinti. Sono quelli dei ragazzini che iniziamo a togliersi i maglioni e a scendere per strada a giocare a pallone; sono quelli delle passeggiate con i propri cani, sono quei giorni in cui dentro di noi scoppia il desiderio di fare qualcosa e di solito ci riusciamo sempre. 
Il sole inizia a tramontare più tardi e l'aria frizzantina lascia il posto a quel leggero caldo che si avverte sopratutto nelle prime ore del pomeriggio. 
Avviene una vera e propria trasformazione, un passaggio diretto, dall'inverno cupo alla primavera. 
Nei campi trovi le margherite, i papaveri sono ancora chiusi ma già pronti per il cambio della stagione, il mare inizia a distendersi pronto quasi all'estate che verrà. 
Perché poi è tutta una questione di prepararsi. Ci prepariamo sempre per qualcosa nella nostra vita, siamo perennemente in attesa; ignorando il fatto che la vita sarà comunque imprevedibile e non riusciremo mai a gestire tutto come vorremmo. 
Ma torniamo a questa primavera. 
Il sole fiacco sembra volere riscaldare le nostre anime in subbuglio, i sorrisi di corsa della gente per strada, le persone care lontane, il dimenticarsi un po' di tutto  ma in fondo non dimenticare mai niente. 
Correre di qua e di la ma con la mente restare fermi ad aspettare. 
Forse la vita è tutta questa. 
Non esiste una speranza vana, un'illusione profonda; forse bisogna solo andare con la consapevolezza che per strada lasceremo sempre un po' di noi. Si lasciano i mozzoni delle sigarette, si lasciano brandelli di cuore, dolci sorrisi, carezze amare, amici persi ma sempre ritrovati, amori che non smettono di cessare. 
Per strada nel corso di una piccola esistenza ho lasciato spesso me per portare dietro le spalle altro; altro che era la voglia di non arrendersi anche quando lo ero per davvero. La voglia di bruciare una sera d'inverno sotto una pioggia che non spegne, ma accende; ho trascinato me stessa a volte mentre altre preferivo lasciarla indietro ad aspettare. 
Ora se guardo quello specchio sono più serena. 
Ora la mia nemica mi ha dato tregua, ha lasciato che tutto si cicatrizzasse per bene prima di dare fuoco a nuove battaglie. 
Adesso non sono una persona nuova ma sono me stessa riedificata. 
Abbiamo lasciato i coltelli al sole ad asciugare e il veleno sembra quasi scomparso, nessuna traccia, nessun riflesso nel vetro. 
Adesso aspetto.
 Una nuova rivoluzione interiore. 


domenica 16 marzo 2014

Quando comincia una stagione II.

Non ci sono quando il tramonto si fa nero e il rosagiallo si perde dietro le montagne. Troppo rumore e troppa confusione, troppi muri di cartone e troppi pochi martelli per infrangere ogni cosa non ci piaccia. 
Si dice che la migliore cosa per stare meglio sia "fare un bel respiro profondo" e continuare a provare. Continuare a sperare. 
Restare in attesa, sospesi tra luce e buio nel mondo, tra la solita scarpa rotta, tra i calzini spaiati, tra il caos dei vestiti gettati ovunque, nelle quattro mura troppo strette di casa. Persi ad aspettare in mezzo al nulla, le persone continuano a chiedere dove si va, dove si arriverà, o ancora, dove siamo fermi. 
Fermi in movimento, corsi tra lo scorrere del tempo. 
Prendere un bel respiro. Fermarsi. Lasciare cadere giù le mani è appoggiarle alle gambe. 
Una volta misi una mano sul petto, sul mio petto; e mi resi conto che il cuore batteva per me. 
Restai col fiato sospeso e pensai : "io respiro e mi sento viva". 
Allora non c'era forse molto da prepararsi, vivi o muori senza nessuna alternativa.
Ti butti o non ti butti, scegli di stare meglio o di stare peggio. 
E le persone in mezzo al caos smettono di pensare e iniziano a viaggiare, smettono di ipotizzare e iniziano a vivere. 

Quando comincia una stagione.

Così basta un secondo e tutto cambia. 
Greve è questa permanenza nella nostra vita incastrati a quello che eravamo o che potevamo essere e non abbiamo avuto il coraggio di diventare. 
 -Parte I 

Nel tempo che corre, scorro.

Così, la gente di tanto in tanto viene messa alla prova. Si sente su quel palcoscenico. Milioni e milioni di occhi puntati sulla pelle, e uno strano brivido, forse un fuoco. Entrare nella mente delle persone come se tutto fosse facile o dovuto. Andare alla ricerca della propria colonna sonora; quella canzone che vorrai portarti sempre dentro, quel film che ti ha segnato e che ha cambiato il tuo modo di parlare, di ridere, di vedere gli altri. 
La tua proiezione sulla vita, il mistero di essere chi non volevi o forse banalmente il contrario.
 E c'è una fase nella vita che ti lascia sempre l'amaro in bocca. Il periodo in cui smetti con gli obblighi, quando ti togli di dosso le imposizioni morali, le convenzioni sociali e inizi a voler fare solo ciò che di più semplice esista al mondo : vivere. 
C'erano giorni in cui una centrifuga della lavatrice sembrava per la mia anima una dolce melodia; erano quelle giornate in cui ancora tutto si poteva fare a pezzetti, potevo scompormi e ricompormi in una forma nuova. Erano quella giornate passate senza scrivere, senza parlare; ero nauseata da come fosse tanto difficile capire che le cose non sarebbero andate come avrei voluto. 
Il problema era del perbenismo interessato : ogni cosa ruotava attorno al concetto di dover fregare qualcuno. 
La vita ti frega, la gente ti frega, ogni cosa ci sembra una fregatura. Ma lì volevo andare ad imparare la lezione più grande della mia vita. Nelle macerie di una fregatura avevo bisogno di scoprire quanto potevo davvero amare l'altro, che cosa potevo regalargli di bello, che cosa potevo regalarmi. 
In mezzo ai dissapori si sguazzava bene a diciott'anni quando si era ribelli, quando stringevi le spalle ma poi ci pensavi tre giorni. 
In mezzo al caos della Musica House, la generazione degli anni in discoteca. 
Ma poi, passano sei, sette, dieci anni.
E mi domando come siamo arrivati fin qui? Chi ci ha condotto, come siamo riusciti a guardare avanti. 
Allora valeva la pena spingersi oltre, ne vale sempre, per se stessi. Per sentire ancora nel cuore quel brivido che sei vivo. 
Non siamo più monotoni in mezzo a stagioni copiose e noiose. 
Siamo rimasti soli, o forse no. 
Abbiamo creduto al vento del cambiamento ma poi ce la siamo fatta sotto e non abbiamo voluto cambiare una virgola. E il tempo ci ha plasmati. 
Il tempo ci ha lasciato i crateri dentro perché non glielo abbiamo permesso, siamo stati infedeli, bugiardi e menefreghisti e allora ecco tutto, qualcuno ha deciso per noi con un semplice "scorrere". 
Saremo mai abbastanza? 
Chissà. Forse ci accorgeremo che lo siamo sempre stati e abbiamo solo voluto essere di più. 

Ho smesso di esprimermi.