venerdì 26 settembre 2014

Manca il sale.

Chissà se davvero i rapporti erano più semplici di quanto noi li complicassimo. Uno passa una vita a costruirsi sopra dei progetti, delle idee, dei modi di fare; poi un giorno per caso passa la vita, crolla tutto, c'è da pianificare di nuovo ogni minimo dettaglio ed è così che avviene lo shock al sistema. 
Ci fermiamo, sembra quasi di annegare, non arriva abbastanza ossigeno al cervello, tutto è troppo rumoroso, il caos ci governa e gli eventi prendono il sopravvento sulla nostra razionalità.
Usciamo fuori dai nostri libri sognanti, la vita ci prende a schiaffi in faccia e l'unica cosa che sappiamo fare è restare lì fermi immobili a lasciare che accada. - È davvero tanto difficile reagire? O forse è semplice e siamo noi a non riuscire a capirlo? 
Come vecchie bottiglie messe dietro un bancone un po' sporco e un po' ingiallito, lì giacciono i nostri dubbi e le nostre esistenze in attesa che gli altri facciano qualche mossa per cambiare il nostro destino. 
Ma in realtà siamo sempre al punto di partenza, ci si nasconde dietro i pretesti, dietro il perbenismo che la società ci ha cucito addosso. 
Vorremmo scambiarci le ore, ma l'orologio scorre e intanto perdiamo noi stessi dietro a futili chiacchiere da bar. 
Non mi sono mai piaciuti particolarmente i bar, mi danno il senso di vite vuote racchiuse intorno ad un tavolo, come se mettessi il culo su una sedia e lasciassi che il contorno ti consumasse.
Come se qualcuno ti lacerasse le tasche e tutto cadesse precipitosamente a terra, come se non avessi mani per raccogliere i cocci. 
Cadono le pietruzze, le monetine, cadono i sogni e le certezze, cade la fantasia e tutta la poesia; cede la musica e i bassi non suonano più. 
Il viso si riempie di rughe, la pelle cambia forma, resti pietrificato davanti al suono del tempo. 
Succede, eccome se succede e non puoi farci niente; passa il tempo e poi passiamo noi. 
I quadri appesi non ti assomigliano più, i sorrisi non sono più gli stessi e i sogni nel cassetto sono diventati polvere che neanche si intravede più. 
Si può davvero rovinare tutto per una manciata di vita ?
Delle volte converrebbe fermarsi ad aspettare piuttosto che correre senza una meta, ed era proprio quello su cui stavo riflettendo negli ultimi giorni. 
Rabbia come amore, lentezza come velocità, tutto passa e cammina ; che senso ha star dietro alla vita senza potersela godere mai un secondo?!
Il bisogno di restare fermi dovrebbe essere una grande esigenza.
Fermati. Respira. Non trattenerti. 
Lascia le catene e spalanca la porta dei sogni. 
Chissà se è davvero facile come vorremmo, se le complicanze derivano solo dai nostri dubbi e dal futuro incerto.
Magari è solo follia l'apparenza che ci lega, magari è desiderio di muoversi e di non restare con le mani in mano; -vorrei correre verso il domani con tanti risvegli grandi quanto la luna. 



giovedì 25 settembre 2014

La bottega dell'antiquario.

Mi chiedo spesso se salire sul palcoscenico sia da supereroe o da sfigato cronico. 
Non ci sono giorni ideali e nemmeno giorni immaginari, c'è solo la vita che scorre e che passa inesorabile davanti ai nostri occhi. 
Ci chiediamo se sia possibile entrare nel negozio di antiquariato, se vogliamo davvero comprare quella vetrina o se davvero ci servono quei piatti. -E se acquistassimo un pezzo della nostra vita? Se ci regalassimo un viaggio dentro noi stessi? Se fosse possibile diventare un oggetto vintage da lasciare sul comodino ogni volta che lo volessimo. 
Stacchi il mondo e lo lasci li un po' a marcire nel cassetto di una scrivania comprata a pochi euro in quella bottega. 
Socchiudo gli occhi e immagino tante cose di legno, non so se fosse legno scadente o buono, ma è caldo, sensibile, coraggioso. 
Apro la porta, con la sicurezza di chi si trova nel posto giusto; le mani sempre calde, suona qualche pendaglio attaccato alla porta, ed è subito magia. Quel fruscio di campanellini mi fa sentire a casa. 
Davanti a me tanti libri, agli occhi sale subito il colore arancione, marrone caldo, beige, crema e tanto altro ancora. Sulla sinistra uno scaffale pieno di oggetti antichi, alcuni non saprei neanche denominarli, -la beata ignoranza del ventunesimo secolo ha colpito e affondato anche me -ed ecco che dal soffitto passa la luce calda del sole a mezzogiorno, in autunno. Sembra un albero spoglio di foglie cadute a terra vecchie e ingiallite. La stanza sembra piccola, stretta, trovo Baudelaire e mi metto alla ricerca dei Fiori del male. ( che poi quando mai ho capito il male cosa c'entrasse con i fiori, ed i fiori, sopratutto chi erano?) 
Avevo sempre dato la mia personale interpretazione ai fiori del male : per me era come se qualcosa marcisse sotto al profondo di ogni radice di ogni fiore. Eravamo marco e ancora dovevamo scoprirlo. Avevamo appassito prima di fiorire e per noi non c'era più scampo. 
Dietro una scrivania liscia, passavo la mano sopra, era legno levigato bene, non troppo alta, arrivava quasi alle cosce, semplice di un colore indescrivibile ma affettuoso; lì stava un uomo perso nella sua barba lunga, forse non troppo curata, nera come il carbone, occhi spenti , mani stanche sempre sporche d'inchiosto. -la bottega era servita a ricordargli che nessun computer avrebbe potuto sostituire la penna, la carta ingiallita, le parole scritte così di getto o forse copiate o forse forse a casa per essere memorizzate. 
Pensieri curvi sulla schiena, mille parole nella testa : -e se facessi questo? E se non lo avessi fatto? Se fosse possibile cambiare il corso degli eventi? Se avessi letto meno libri oggi chi sarei ? 
Era quel mix tra un vecchio comunista che aveva passato la sua vita a rincorrere degli ideali che invece inevitabilmente lo avevano portato solo a rintanarsi curvo nei suoi ideali e il remake di Into the Wild, alla ricerca di se stesso dentro se stesso; magari proprio in mezzo alle cianfrusaglie calde e commoventi della sua scrivania. 
Restavano dentro queste impressioni, imprigionate come un campo di gran turco sotto una coperta gelata. 
Vecchia musica intramontabile, De Gregori diceva che "ora un raggio di sole si è fermato sopra il mio biglietto scaduto" , la tristezza passerà domattina e aveva ragione, spiccavano ali dentro la stanza che sembrava come se la osservassi in prospettiva e si andasse ad aprire sul mondo. Non era una finestra sul mondo ma un palcoscenico; il palcoscenico su cui si aveva il terrore di salire. Avrei dovuto togliere il cappello prima di salutare il commerciante ? Quel senso di famiglia e di casa avrei dovuto coglierlo tra la polvere di Machiavelli e di Allan Poe? Follia pura nell'aria di casa; i pezzi di casa che lasci di tanto in tanto in giro nel mondo così che tu abbia sempre il pretesto per tornare a fare visita. 
Guardai le mani stanche e appresi che dietro quella scrivania, perso nelle sue cuffie c'era qualcuno che avevo conosciuto tanto tempo fa; qualcuno che non aveva perso la voglia di sognare ad occhi chiusi; certo gente, non lo sapevate che si sogna come si bacia ? Ad occhi chiusi e a respiri incerti. 
Note sparse, come se prendesse forma un pianoforte, e di corsa dentro la metro, all'impazzata ed è subito buio. 
Rumore forte di rotaie elettriche. Il palcoscenico, i libri per aria, la pioggia, le corse pazze per ritrovare la luce, niente più campanelli solo tuoni dentro tuoni. 
E mi chiesi : anche in mezzo al caos della quotidianità sono ancora in grado di trovare il coraggio per scrivere ?