martedì 21 giugno 2016

E tu chi sei (?)!

Uno. Nessuno. Centomila. 
Sono le visioni che abbiamo di noi stessi e delle persone che ogni giorno volutamente o casualmente incontriamo o frequentiamo. 

UNO :
La visione che non accetteremo mai, il risultato impossibile di un duro lavoro che si esprime difronte allo specchio.

NESSUNO:
Il lavoro che svanisce davanti agli altri, nel confronto con la realtà. Colui che ci annienta difronte al mondo.


CENTOMILA: 
Le sfaccettature che ci propinano buttandocele addosso sotto forma di : "questo è il mio pensiero". 

Cosa siamo veramente? Chi siamo o cosa davvero vogliamo essere?
Comodamente mi verrebbe da dire che essere Nessuno ci ripagherebbe di tante sofferenze e di tante cattiverie. Egoisticamente sarebbe la soluzione ai mali della società odierna, lasciare se stessi nell'ombra subendo passivamente tutto ciò che intorno ci accade. Passare fugacemente davanti allo specchio e non specchiarsi fino in fondo. Lasciare il trucco sbiadito del giorno prima, prendere "la prima cosa che ho trovato nell'armadio", non badare a cosa si deve fare, agli impegni quotidiani o agli obblighi, lasciare perdere il mondo. 
Centomila forse sarebbe troppo invece, l'impressione di dover indossare tante maschere e di mantenere un profilo alto e sempre pronto a dover rispondere alla gente di ciò che fai, ciò che sei. Mille risposte che neanche abbiamo. 
Uno, la vera essenza di noi. La battaglia più vera con la vita. Guardarsi allo specchio e lottare per restare fedeli alla nostra anima. Provare a resistere a tutto quello che vuole cambiarci e non mollare la presa. 

Chi molla la presa è finito. 
Perdi, vinci, poi perdi e poi ancora vinci. E alla fine perdi di nuovo. Ma sei sempre in piedi. Qualcuno dirà sempre che è meglio essere nessuno che centomila, altri non guarderanno proprio all'uno. 
Meglio un giorno da leone che cento da pecora, meglio stare zitti che parlare, meglio arrendersi che provare. 

Meglio scrivere che masticare rabbia.  

mercoledì 15 giugno 2016

La troverò sopra il mare.

Quando scavi nell'anima e ti senti come una barca in mezzo al mare in tempesta allora l'unica cosa che puoi fare è remare. Prendere il timone in mano e darci dentro. L'acqua era calma come sempre, il mare era cristallino, verde di un verde come lo smeraldo. Potevi specchiarti dentro e osservare ogni minima ruga del viso quasi come fosse una danza della decadenza in una distesa di cristalli. Il cielo era azzurro e le nuvole erano lontane anni luce. Chissà perché poi quella nave arrivó al porto per attraccare e decadere. Ci sono domande che non vogliamo farci per paura di trovare risposte che non ci piacciono, che ci ammalano l'esistenza, che ci fanno crollare in mille pezzi. Ma la tempesta è sempre dietro l'angolo anche senza risposta. Arriva, ti prende alle spalle, ti tramortisce e ti fa credere che ogni cosa sia inutile e vana. Pezzo dopo pezzo ti smonti, perdi i capelli, perdi i peli, perdi la tua essenza interiore, poi le mani per scrivere, le braccia per abbracciare, le labbra per sorridere. Il mondo là fuori è una gabbia sempre pronta a darti addosso. Ci sono quelli che pur di farti stare bene si farebbero in mille pezzi, e poi ci sono quelli che fanno di tutto per smontare ogni singolo pezzo del tuo essere. La non accettazione porta il vento della rabbia, la frustrazione porta il maremoto del veleno. Sei in mezzo al mare, con questa barca costruita a fatica, con sacrificio, sofferenza, malattie. Già, la gente si ammala e a volte deve anche giustificarsi di essersi ammalata, alle volte bisogna anche nascondersi per timore di essere feriti più di quanto il male fisico già non stia facendo. Stiamo qui sempre a vantarci del verde e del blu, il cielo è sempre più blu, Rino Gaetano non ti sopporto più, le parabole e i sogni di anarchia sulla bocca di rosa di chi raccoglie "semi" e non frutti. Le spiaggiate che raccontano l'estate e le speranze, le nottate che passavano in un'ora, i capelli e le lenzuola. Il mix perfetto per attraccare e farsi un prosecco, ammalarsi di mare, ricucirsi con suture provvisorie per passare al costume intero. Il nero sta male o porta male, le rose sono appassite, la barca è affondata al porto vecchio, la puoi fotografare ma non ci puoi più remare. Non la puoi toccare, non vivi più quell'emozione di guidarla, amarla, baciarla. È tutta vecchia e sporca come la gente che vuol far crederti che sei sbagliato. Sei nato sbagliato e ti ha corretto la vita. Ti ha corretto col rum, ti ha corretto con le botte, ti ha corretto con la cultura. Ti ha corretto il fegato con una malattia. In mezzo al mare di gente cattiva che vuole rubarti anche l'ultimo granello di sabbia di conquista che tu hai fatto con la tua barca in mezzo al vento, restiti, lascia che quel granello apparentemente fastidioso diventi la pietra miliare della tua vittoria. Continua a sognare di essere in mezzo al mare e di specchiare la tua eleganza che avanza e gli anni che passano carichi di emozioni che tutti vorrebbero provare ma che nessuno vuole osare. Forse era questa rima innamorata ma ho sempre preferito scrivere fuori le righe per sentire che ancora qualcosa di serio lo posso dare. A rivedere i frutti.