Tornando a casa stasera, scorgevo la desolazione della mia città. Vedevo le vetrine così colorate, piene di abiti stupendi che prima o poi avrei comprato anche io, così primaverili, così caldi da infilarsi dentro. E riflettevo come fosse bella la mia città di notte, silenziosa, lontano da tutto quel parlare che sapeva fare la gente. Vuota. E pensai che di meglio non potevo avere. Avevo quel mare silenzioso, quella notte che scendeva lenta ma veloce su di me. Avevo quel cielo pieno di stelle tipico segno di belle giornate. Tipico segno della primavera oramai arrivata. L'inverno era andato via, ed io me ne resi conto guardando i colori dei fiori lì a capocolonna. Quel sole opaco che riscalda, quella brezza che ti passa tra i capelli e non ti lascia il tempo di pensare. Facevo un accenno con la mano per rimetterli in ordine e lui subito li scompigliava nuovamente. Non avevo il coraggio di girarmi perchè m'imbarazzava la sua bellezza. Ero imbarazzata da quanto fosse bello. Ma mi piaceva il fatto che sognare fosse un arte comune che lasciava libero sfogo ad un volo di gabbiani sul mare, ad un onda che si scontrava con gli scogli e la baciava violentemente. Sembrava fosse un'altra realtà, sembrava non esistesse niente se non la volontà di sognare. E ancora sognare. E poi sognare un altro po'. E mi domandavo guardando quelle immense distese d'erba verde come sarebbe stato bello gettarsi la in mezzo, respirare la natura che si lasciava contaminare dai miei sospiri. Come sarebbe stato avere un foglio e una penna in quel momento. Scrivere tutto quello che mi passava sulla pelle, che mi faceva sudare le mani, che mi riempiva gli occhi di brina. Come poteva essere fare l'amore su quel prato. Liberi. Senza paura di ogni convenzionalità. Liberi dal proprio corpo, pieni di brama, forti di passione. Allora mi girai insieme ad un riflesso del sole e capii che bastava poco per stare bene. Bastava uno sguardo attento alla strada, bastava una frase "questa strada ti da la sensazione del viaggio" per capire che quando io guidavo e sola fotografavo quella strada sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui qualcuno mi avesse detto quello che io avevo già immortalato con la mia fotocamera. Il mondo laggiù era pieno di colori, c'erano odori e sensazioni che sapevano di nuovo, sapevano di terra ed erano rimasti incontaminati. Nessuno andava a passeggiare tra le margherite, nessuno chinava la testa e le guardava più. Ma io ero lì, e guardavo ogni cosa minuziosamente quasi a volerla stampare nella mia testa per sempre. Quasi a volerne portare il profumo sul collo affinchè qualcun'altro potesse respirarlo tramite me. E la stessa cosa con più delusione mi accadde stasera mentre guidavo. Sentivo un irrefrenabile vuoto dentro me che mi lacerava lo stomaco e lo apriva vorticosamente con le mani quasi a farmi male ma allo stesso tempo ero pervasa dalla sensazione che qualcosa ancora doveva cambiare, qualcosa ancora stava cambiando ed io dovevo resistere. Resistere. E ancora resistere. Ma a cosa? Per cosa? E soprattutto, quando? La pazienza mi stava abbandonando e la speranza era solo quella di trovare la pace attraverso quei discorsi infiniti gettati di sasso di tanto in tanto tra una sigaretta e un sorriso. Già, perchè delle volte bastava un discorso per farmi sognare, per farmi cambiare prospettiva di vita, per farmi vivere attraverso la vita, attraverso i sogni degli altri. E rivedevo in me la passione per la scrittura, la voglia di sfondare per essere quello che si era sempre sognato di essere. Rivedevo la tenacia mista alla conformità, sentivo che il mio sogno non era solo mio ma qualcuno credeva fosse possibile e qualcuno aveva avuto il coraggio di iniziare. Era l'inizio la parte più dura ma sentivo che ce l'avrebbe fatta, era bravo, sapeva come fare, aveva vissuto abbastanza per poter iniziare a raccontare di sè. Ed io avevo visto la felicità nella tormenta. Lo scintillio nella disperazione, il sole nella pioggia. La speranza nel dolore esistenziale. Mi guardavo le mani e vedevo su di esse una voglia di non fermarsi davanti a niente. Guardavo dentro me e vedevo poco e niente, ma quanto bastava per capire che delle volte non bisognava fermarsi ma continuare ad andare senza tornare mai indietro. E mi piaceva. Mi piaceva la variazione della mia giornata anche solo per un respiro.
Spiegami come il lume della notte,come il delirio della fantasia. Spiegami come la donna e come il mimo, come pagliaccio che non ha nessuno. Spiegami perché ho rotta la sottana: uno strappo che è largo come il cuore.
giovedì 22 marzo 2012
Un colore sulla pelle ♥
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