domenica 28 agosto 2016

Cerchiamo umanità.

La riflessione che intendo proporre lunge dall'essere una polemica o una difesa pro qualcuno/qualcosa. 
Passati tanti giorni dalla tragedia del terremoto che ha colpito il nostro centro Italia, mi sento in dovere di esprimere la mia circa l'importanza della vita umana e l'importante o forse sarebbe corretto dire la potenza della natura. Mentre sono qui seduta su una sdraio cullata dalle onde del mare e circondata da tanta gente, compresi i volti di mio fratello e mio marito - delle persone molto più che importanti- la mia testa viaggia su sentieri oramai distrutti da giorni. Ho letto molte cose, alcune interessanti circa la sismologia (materia a me sconosciuta), ho letto critiche, ho letto dei "si poteva prevenire", addirittura dei "il karma gira per tutti" con una violenza brutale che mi ha atterrita. Circa 300 persone, poco più, poco meno, hanno perso la vita nelle loro stesse case, seppelliti vivi dal cemento con cui, mattone su mattone avevamo costruito il loro nido. Il proprio rifugio è diventato una bara triste e senza aria. Noi , così abili costruttori, noi esseri umani così ingegnosamente bravi, anni, decenni, secoli di progressi. Ma la natura ha colpito. Silenziosa e improvvisa quasi quanto una sorpresa ben riuscita e programmata nei minimi dettagli. Forse non è il caso di interpretarla come molti filosofi che sostenevano che la Natura oltre ad essere madre, comanda e che tutto ritorna ad essa nonostante gli sforzi -vani- dell'uomo. Non riesco a vedere il maligno, non riesco a vedere Dio buono e Dio cattivo, non riesco neanche a vedere la colpa di vivere tra le montagne in paesi costruiti su di un'Appennino movimentato. Riesco a pensare solo che noi esseri umani vogliamo a tutti i costi trovare una spiegazione a quello che succede ma davanti a certe "cose" è umanamente e anche divinamente impossibile. Ci fa stare più sereni prendercela con Dio, chiedere : "Dio dov'eri tu alle 3,36?" Ma Dio presumo sia sempre nello stesso posto, in ogni dove, per chi ci crede e su di una nuvola per chi invece non ci crede. Madre natura non ci darà mai un preavviso, come non esisterà mai che ci sorprenderà con banali coincidenze o stupide congetture che a tutti i costi vogliamo fare nostre. La gente che ha perso la vita, prima di andare via non ha potuto riposare in pace, quell'ultimo sonno delle loro esistenze sarà stato il più tormentato ed il più lungo ed è questo che dovrebbe smuovere le nostre coscienze, non le futili cose in cui riusciamo a perderci ogni giorno. Vorrei riuscire a perdermi per un secondo tra quelle macerie per provare anche solo un secondo ad essere più umana. Già, perché per essere umani dobbiamo PASSARCI SULLE COSE. Troppe parole su vicende così brutali che dovrebbero solo spazzarci via la parola e invece siamo sempre tutti qui a difendere qualche causa dentro la tragedia. Di questi giorni ho ammirato il coraggio però, quello di chi ha servito il proprio lavoro, quello di chi a mani nude ha scavato senza sosta per far uscire dalle macerie LA SPERANZA. Ci aggrappiamo alla speranza quotidiana e a quella fatale, speriamo che il destino o chi per esso  stia dalla nostra il più possibile. Sopratutto in queste occasioni. Ho apprezzato che le persone quando vogliono sanno sentirsi FRATELLI, e il problema nasce proprio quando non vogliono. Quando non vogliamo. Io non lo so se la colpa è di Dio, non mi sento di atteibuirgli questo grande peso sulla coscienza, io credo nella Natura e credo che anch'essa abbia un modo di manifestarsi che seppur strano e irruento, è il SUO MODO. La colpa è del karma e quindi la giusta punizione di un uomo che sfida la natura è questa? Non lo so, lascio a voi questa conclusione, preferisco tenermi libera e aperta sull'argomento lasciando dentro di me un cuore spezzato che porta quasi 300 nomi. Troppe vite. Troppi sfollati che anche se fosse stato uno solo sarebbe stato sempre troppo grave. La vedo da un lato umano e sentimentalistico che pensa ad uomini e donne che dovranno ricostruirsi una vita, un lavoro, una casa, una famiglia. La vedo dal punto di vista di chi sta lavorando col caldo e col freddo senza sosta per ridare un NOME a dei posti distrutti e a delle bare sempre troppo piene. La morte ci spaventa, ma spaventa di più la fatalità di vivere e di essere spazzati via in un secondo dal nostro stesso pianeta. 

*con Amore, un essere umano come tanti. 

venerdì 26 agosto 2016

Magari domani.

Ancora una volta mi ritrovo davanti a più scelte e come sempre non so cosa scegliere. Non sono mai pronta a intraprendere una strada per lasciarne alle spalle un'altra. Sembra sempre che tutto debba essere così difficile e l'ansia mi prende su per la gola lasciandomi così quasi senza aria. Non sono brava a scegliere, la mia testa adesso direbbe di fermarmi e concentrarmi su ciò che è essenziale. Alla fine non sarebbe una catastrofe fermarsi e con calma razionalizzare quello che è giusto fare e quello che invece devo lasciare correre. Spesso mi sento incompresa persino da me stesse figuriamoci cosa posso aspettarmi dal resto del mondo. Sono quei momenti che in realtà dovrebbero durare qualche minuto e invece a me prendono, mi sbattono in faccia, mi mettono ansia, mi agitano e mi ritrovo così sospesa ad aspettare sempre una decisione. Io non so prendere decisioni. Non sono stata mai brava perché nonostante la mia sicurezza in alcune cose per altre non sono mai stata così in gamba. Forse non lo sono in generale. Ci sono momenti che mi sento forte e invincibile e altri invece in cui preferirei sotterrarmi totalmente e lasciare fuori al massimo il naso per respirare. Giusto così per non morire. Stasera mi sento come quelli della Divina Commedia che stanno Sospesi. Piena di dubbi, piena di incertezze, così indecisa e così affaticata. 
Ma alla fine giro a zonzo nella nebbia, brancolo nel buio sperando che qualcuno accenda la lampadina. Che cosa c'è di male nel desiderare che alle volte qualcuno decida per te? Alla fine è come affidarsi al destino, lui sceglie e noi una mattina ci alziamo ed è tutto cambiato. 
Forse dovrei smetterla di convincermi che qualcuno possa sostituirsi a me. Alle volte mi viene così facile sperare che essere circondata da persone che ti amano possa renderti facile la vita e possano "proteggerti" anche da te stessa. Ma là nel profondo c'è sempre qualcosa che preme per uscire ed è una furia ceca che inutilmente provo a spegnere. Mi sento la testa pesante e lo stomaco mi fa male, vorrei che certe cose non dipendessero da me e dal mio eterno fallimento; vorrei essere già laureata, vorrei non dovermi sentire sempre nel mezzo delle cose, vorrei levarmi di dosso il peso di aver sbagliato tutto nella vita. Certe cose non si possono esprimere a parole e neanche quelle brave come me riuscirebbero a scrivere di come ci si vede attraverso lo specchio. Io ancora oggi non so chi sono e cosa voglio fare da grande allora mi sento in colpa e inizio a cercare lavoro, a mandare curriculum, a sperare in una buona notizia, sottolineo libri, provo a studiare e pare che mi riesca anche bene delle volte, salto da una parte all'altra, mi fermo, piango un po'. È tutto confusionario lo so, lo so bene. Alla fine dei conti riesco a scrivere bene solo perché racconto di quello che ho dentro. Un caos. Quando mi rileggo spaventa anche me. Poi però ci penso e tiro un sospiro di sollievo perché magari domani andrà meglio. Magari cambierà qualcosa. Chissà. Ci sarà un po' meno caos e qualche strada riuscirò a percorrerla anche io fino in fondo. 

Trasformazioni.

Qualcuno mi ha detto un giorno che non è vero che non ho niente da dire semplicemente mi sono adagiata nella mia "pigrizia mentale" e ho smesso di scrivere con costanza e amore. 
Quel qualcuno ci ha visto lontano essendo che conosce bene ogni singola parte di me e della mia testa. 
Ho smesso di scrivere perché ho pensato che la vita fosse finita. Tutto era perso, tutto era andato a "puttane" tra le mura di quegli ospedali che mi davano solo brutte notizie. 
«Lei signora sta male. Lei signora non può fare questo. Lei signora deve assolutamente fare questo. Lei signora ha questa malattia. Questo organo non funziona come dovrebbe. Questa cosa non si può fare. Sono 370€ grazie.». 
Oh mio dio quanto ho pianto e maledetto la mia vita per così tanti mesi che neanche riesco più a ricordare un periodo felice della mia vita negli ultimi due anni. 
L'inferno di trovarmi in un mondo reale fatto di medicine, medici, sale d'attesa, TAC, raggi, fitte, dolori, dissenteria, radiografie ed ecografie. Credo di aver fatto più ecografie io in questi mesi che non so chi. Levati la maglietta, abbassa i jeans, mettiti su un fianco, respira a lungo. Trattieni il respiro. 
In quei momenti prego sempre che i miei organi facciano il loro dovere e si comportino bene. Sapete, dopo aver "investito" la bellezza di 500€ in un tapis roulant e neanche so quanti soldi alla Decathlon per attrezzature sportive, scarpe, vestiti, pesi, tappetini. La schiavitù della bilancia. Ok, tanta gente mi dice : "ma che ti frega stai benissimo"! Lo so amici miei che sto benissimo, ho perso 24 kg e sono un'altra persona, sono più leggera fisicamente; ma il peso che porto dentro sta sempre su quei 102 kg e si fa fatica a metterlo su carta e penna e condividerlo. Ho iniziato a camminare e ricordo ancora l'emozione nei miei primi 2km e mezzo in 35 minuti. Bè sono migliorata, adesso ne faccio 5km nello stesso medesimo tempo. Ho iniziato a correre e mi faceva male tutto dal collo in giù; forse mi faceva anche male la testa perché là dentro c'era il peso più grosso in realtà. Mangia l'insalata, vai al supermercato e guarda le calorie, compra cibi sani, integra frutta e verdura a volontà. Ciao pizza è stato bello vivere con te per settimane di anno in anno! Addio frittura così amata, il mio fegato ha smesso di smaltire e digerire. Tanti saluti alla mia amata pasta al pesto, le penne rigate panna e prosciutto. Oddio quanti cibi ho smesso di mangiare. Quanti NO ho dovuto imparare a dire. 
Ancora adesso se supero un mio limite o un mio record piango. Piango a dirotto come se mi fosse morto un parente, mi commuovo o forse mi sfogo. Sfogo quella frustrazione di vedermi diversa nello specchio e di non sapere neanche io come reagire. Lo so, avere una taglia 46 è meglio di una 52, per carità, non lo metto in dubbio. Ma io a quella taglia ci sono arrivata perché me ne sono fregata e poi ci ho vissuto perché sono passata dalla leucemia, ad un tumore e alla fine sono approdata al diabete. (Tutto questo metaforicamente parlando e ringraziando l'incompetenza di alcuni dottori! Tranquilli avevo "solo" il diabete e problemi al fegato). Insomma devo dire che la salita è stata faticosa; non sapere quello che hai e vedere quelle analisi mese dopo mese piene di (*) che indicavano solo valori alle stelle. Boh. Ho smesso di scrivere perché in realtà avrei potuto solo raccontare questa parte della mia vita ed io questa parte della mia vita non la amo mica. Non accetto quello che mi è successo anche se mi sforzo di vivere bene e di VIVERE LA VITA! Ma alla fine a 26 anni come è possibile vivere senza la birra? Mi manca il vino! Mi manca mangiare e non pensare :" oh fegato del mio corpo stasera niente fitte eh mi raccomando, fammi arrivare a casa". A volte rido perché vorrei avere una flebo portatile e anche un pannolino. Che grasse risate che sono queste. Però lo sport mi ha salvata, le camminate, gli addominali, gli esercizi, la fatica, il sudore, adesso vado a piedi ovunque senza timore. Chi se ne frega se le diatanze sono brevi o lunghe a piedi si può andare dove si vuole! Quell'ipod nelle orecchie che spara musica ad alto volume e ti invita a fare di più. Fai di più. Dai di più. Coraggio puoi fare di meglio. Quando metto la tuta è come se fosse parte di me. Chi diavolo lo avrebbe mai detto! Oh gente io ero una di quelle che mangiava merda, divano, letto, divano, in auto ovunque persino al tabacchino (metri 300 da casa), e se mi parlavi di sport guardavo solo il calcio in TV la domenica pomeriggio. Bè i progressi ci sono stati, ho cercato di mantenere la mia anima sognatrice ancorata al Piccolo Principe che è in me, trasformando il mio corpo e imparando a rispettarlo prima di tutto. Sono diventata un po'cinica ed esigente. Esigo da me ed esigo dagli altri. Non mi perdo più in paranoie futili restando ore e ore ad osservare il soffitto nella speranza che le risposte piovano dal cielo. Adesso vado a caccia di risposte. Non ho terminato il mio percorso, anzi sono ancora a metà quindi probabilmente se troverò ancora coraggio per raccontarlo vi aggiornerò miei cari pochi ma buoni lettori. Una cosa però ad oggi mi sento di dirla : MAI MOLLARE. Nulla è impossibile. Il mio motto è : CE LA POSSO FARE! 

martedì 21 giugno 2016

E tu chi sei (?)!

Uno. Nessuno. Centomila. 
Sono le visioni che abbiamo di noi stessi e delle persone che ogni giorno volutamente o casualmente incontriamo o frequentiamo. 

UNO :
La visione che non accetteremo mai, il risultato impossibile di un duro lavoro che si esprime difronte allo specchio.

NESSUNO:
Il lavoro che svanisce davanti agli altri, nel confronto con la realtà. Colui che ci annienta difronte al mondo.


CENTOMILA: 
Le sfaccettature che ci propinano buttandocele addosso sotto forma di : "questo è il mio pensiero". 

Cosa siamo veramente? Chi siamo o cosa davvero vogliamo essere?
Comodamente mi verrebbe da dire che essere Nessuno ci ripagherebbe di tante sofferenze e di tante cattiverie. Egoisticamente sarebbe la soluzione ai mali della società odierna, lasciare se stessi nell'ombra subendo passivamente tutto ciò che intorno ci accade. Passare fugacemente davanti allo specchio e non specchiarsi fino in fondo. Lasciare il trucco sbiadito del giorno prima, prendere "la prima cosa che ho trovato nell'armadio", non badare a cosa si deve fare, agli impegni quotidiani o agli obblighi, lasciare perdere il mondo. 
Centomila forse sarebbe troppo invece, l'impressione di dover indossare tante maschere e di mantenere un profilo alto e sempre pronto a dover rispondere alla gente di ciò che fai, ciò che sei. Mille risposte che neanche abbiamo. 
Uno, la vera essenza di noi. La battaglia più vera con la vita. Guardarsi allo specchio e lottare per restare fedeli alla nostra anima. Provare a resistere a tutto quello che vuole cambiarci e non mollare la presa. 

Chi molla la presa è finito. 
Perdi, vinci, poi perdi e poi ancora vinci. E alla fine perdi di nuovo. Ma sei sempre in piedi. Qualcuno dirà sempre che è meglio essere nessuno che centomila, altri non guarderanno proprio all'uno. 
Meglio un giorno da leone che cento da pecora, meglio stare zitti che parlare, meglio arrendersi che provare. 

Meglio scrivere che masticare rabbia.  

mercoledì 15 giugno 2016

La troverò sopra il mare.

Quando scavi nell'anima e ti senti come una barca in mezzo al mare in tempesta allora l'unica cosa che puoi fare è remare. Prendere il timone in mano e darci dentro. L'acqua era calma come sempre, il mare era cristallino, verde di un verde come lo smeraldo. Potevi specchiarti dentro e osservare ogni minima ruga del viso quasi come fosse una danza della decadenza in una distesa di cristalli. Il cielo era azzurro e le nuvole erano lontane anni luce. Chissà perché poi quella nave arrivó al porto per attraccare e decadere. Ci sono domande che non vogliamo farci per paura di trovare risposte che non ci piacciono, che ci ammalano l'esistenza, che ci fanno crollare in mille pezzi. Ma la tempesta è sempre dietro l'angolo anche senza risposta. Arriva, ti prende alle spalle, ti tramortisce e ti fa credere che ogni cosa sia inutile e vana. Pezzo dopo pezzo ti smonti, perdi i capelli, perdi i peli, perdi la tua essenza interiore, poi le mani per scrivere, le braccia per abbracciare, le labbra per sorridere. Il mondo là fuori è una gabbia sempre pronta a darti addosso. Ci sono quelli che pur di farti stare bene si farebbero in mille pezzi, e poi ci sono quelli che fanno di tutto per smontare ogni singolo pezzo del tuo essere. La non accettazione porta il vento della rabbia, la frustrazione porta il maremoto del veleno. Sei in mezzo al mare, con questa barca costruita a fatica, con sacrificio, sofferenza, malattie. Già, la gente si ammala e a volte deve anche giustificarsi di essersi ammalata, alle volte bisogna anche nascondersi per timore di essere feriti più di quanto il male fisico già non stia facendo. Stiamo qui sempre a vantarci del verde e del blu, il cielo è sempre più blu, Rino Gaetano non ti sopporto più, le parabole e i sogni di anarchia sulla bocca di rosa di chi raccoglie "semi" e non frutti. Le spiaggiate che raccontano l'estate e le speranze, le nottate che passavano in un'ora, i capelli e le lenzuola. Il mix perfetto per attraccare e farsi un prosecco, ammalarsi di mare, ricucirsi con suture provvisorie per passare al costume intero. Il nero sta male o porta male, le rose sono appassite, la barca è affondata al porto vecchio, la puoi fotografare ma non ci puoi più remare. Non la puoi toccare, non vivi più quell'emozione di guidarla, amarla, baciarla. È tutta vecchia e sporca come la gente che vuol far crederti che sei sbagliato. Sei nato sbagliato e ti ha corretto la vita. Ti ha corretto col rum, ti ha corretto con le botte, ti ha corretto con la cultura. Ti ha corretto il fegato con una malattia. In mezzo al mare di gente cattiva che vuole rubarti anche l'ultimo granello di sabbia di conquista che tu hai fatto con la tua barca in mezzo al vento, restiti, lascia che quel granello apparentemente fastidioso diventi la pietra miliare della tua vittoria. Continua a sognare di essere in mezzo al mare e di specchiare la tua eleganza che avanza e gli anni che passano carichi di emozioni che tutti vorrebbero provare ma che nessuno vuole osare. Forse era questa rima innamorata ma ho sempre preferito scrivere fuori le righe per sentire che ancora qualcosa di serio lo posso dare. A rivedere i frutti. 

giovedì 12 novembre 2015

Niente era vero.

Quando ho lasciato casa mia, la mia Terra, ho pensato che comunque la mia anima e le mie radici sarebbero rimaste sempre la. Che vuoi, il pavimento di casa, i tuoi odori, la brezza mattutina del mare, l'estate che sale , le emozioni che scendono. Era tutto un po' scontato e un po' incantato. Credevo che niente e nessuno avrebbero potuto sradicare ciò che io ero e ciò che avevo creato. I profumi, gli odori, le sensazioni. Il mare che ti abbraccia quando fuori ci sono 40 gradi, i pranzi della domenica, i sorrisi e le lunghe passeggiate. Chi se le scorda le passeggiate che sembravano più una traversata dell'anima che una camminata lungo i pontili dissestati di Capicolonna. Ho sempre messo un po' di me in tutto ciò che facevo, mi sono sempre esposta al pericolo, il pericolo di non riuscire più a sentirmi viva. Ho sempre corso con la mente e con le emozioni desiderando un domani migliore che potesse darmi una speranza. Immaginavo la speranza di una città migliore, di fiori che nascevano dove non c'era più terreno e tutto inaridiva tropo in fretta. Non ho mai creduto che i sogni potessero svanire. Ho creduto in persone migliori, frasi migliori, giorni migliori; finché ho scoperto che le parole diventano illusione e le illusioni ti travolgono come un treno a 300km orari. Già, mi sono sentita travolta, ho sentito dolori sull'addome, la testa come se stesse per scoppiare, il cuore che esplodeva di rabbia e sangue. Avevo ancora sangue nelle vene e ribolliva, e intanto andavo via... 
Te ne vai perché credi in qualcosa o te ne vai perché tutto è cambiato ancor prima di prendere una decisione. Ho pensato fra me e me che forse non tutto è sempre perduto, non tutto ha una fine e non tutto si completa sempre come vorremmo. Allora ho lasciato le cose così come stavano, ho accettato le ipocrisie di versi in rima stonata, ho superato le carte negative che segnavano solo fine e nessun inizio; ho camminato per la mia strada e ho macinato chilometri di fango, di nebbia, di pioggia. Quanta pioggia cadeva giù da quella finestra rotta, entrava dal soffitto, passava per le ossa , per la schiena, trapassava le emozioni e distruggeva lentamente.. 
Quando ho lasciato casa ho pensato davvero che le cose non sarebbero mai cambiate, che le radici si mettono in un solo posto, che non tramonti mai nel cuore di chi ti aspetta sempre, ho creduto come sempre che l'amore avrebbe salvato tutto. Non c'è amore nel cuore che non lascia spazio alla verità, non c'è rimpianto di madre silenziosa quando un figlio rinnega se stesso e disprezza la sua vita, non c'è speranza nel cuore di chi prova solo invidia verso il prossimo, non c'è pace nella guerra di una patria senza popolazione. La rabbia nel petto, la fede nel cuore, la pace nella testa, la vita dentro la morte. La camminata più lunga è quella che non tradosce te stesso, quella che ti rende libero, quella che ti fa schiava di una margherita, di una giornata di primavera. 
Ho messo un cartello nella mia mente pensando, non era la strada la mia vita, non erano le illusioni, non erano le immagini indelebili, la verità è che ero schiava delle parole non dette; delle speranze che erano inganni. Non ho portato con me radici, non ho portato con me pezzi di lettere e libri trapanati; ho gettato tutto nel mare e me ne sono andata. Le braccia tese verso il mare infinito, nelle vene scorreva la voglia, la passione, l'emozione. 

Ma poi ho capito che la gente era solo un illusione. 

domenica 16 agosto 2015

Silenzio.

Volevo. Dovevo. Potevo. Poi un bel giorno mi sono rotta di correre e ho smesso. Ho smesso psicologicamente perché non ne valeva più la pena; erano meglio un paio di gambe audaci che un cuore consumato. 
Quando avevo 14 anni credevo che essere una 26 enne volesse dire tante cose, immaginavo un futuro diverso, immaginavo più che altro un mondo diverso e così scrivevo e sognavo. Sognavo e scrivevo tanto fino a farmi male. Poi ho smesso. Sono passati anni eppure quella parte di me sento che per quanto possa sembrarmi perduta esiste ancora; io non avevo smesso di scrivere ma avevo smesso coi sogni. Basta! Chiusi nei cassetti, bruciati da un accendino, gettati nel cassonetto sotto casa furtivamente insieme ad una amica complice. Non volevo lasciare traccia dei sogni miei. E così ho fatto. 
A 18 anni invece, tutto sembrava ADULTO, immersa nel mondo del "mi sento già grande per affrontare la vita". 
Ma quale vita e vita(?)?! Specchi rotti, catene invisibili, legami lacerati, una persona che già a stento si riconosceva nel riflesso di una pozzanghera. 
C'era sempre in circolo quel veleno silenzioso che sembrava quasi uccidesse dall'interno senza pretendere, senza motivo. Era tutto un'intercalare irrefrenabile. 
A 24 anni il mondo era già sotto i miei piedi, grandi conquiste, grande maturità, viaggi, esami, traguardi, successi. 
Ma non era niente. Mi ha insegnato una delle mie malattie che si chiamano "palliativi". È la vita; sembra che va tutto bene ma non va bene, perché è così che le anime irrequiete vagano per le strade. 
Un giorno sei calma, l'altro stai per esplodere, e magari l'altro ancora tutto passa lentamente inosservato. 
Assumi ogni giorno le stesse medicine, credi funzionino, ma non è così, non funziona niente perché gli ingranaggi sono compromessi ed è sempre troppo tardi quando lo scopri. 
Anche io ho scoperto tardi di essere una povera anima persa, a cui non sono mai piaciute le cose finte, le illusioni, le parole non dette. 
Non è cattiveria sputare addosso alla vita, alle volte ti prende anche la voglia di lottare, ma lottare implica tanta forza d'animo più che fisica. E le anime come me non hanno forza ma solo sogni infranti. 
Le chiamano frustrazioni nel mondo reale, le fanno passare come sconfitte; non è così. Non funziona sempre così; non è sempre così facile da dire. 
C'è uno specchio che si chiama vita, ti mette davanti a tutto, davanti ai sogni infranti, davanti alle illusioni, davanti alle delusioni. 
Io oggi. Non so perché davvero proprio oggi, ho deciso di buttarlo via. 
Non voglio più vedere le cose che non mi vanno, non voglio più sentire le cose che non mi piacciono. Forse ho smesso anche con quelle che mi piacciono. 
Non ho traguardi da raggiungere adesso. Voglio solo godermi il viaggio. 
Il viaggio non è la meta. Non è tagliare il nastro del traguardo, è pensare al cammino. Guardare di qua e di là, immedesimarsi un po tra la gente; sorridere e piangere. Emozionarsi. 
Voglio lasciare tutto indietro o tutto avanti ma non mi importa. 
Il cuore allenato non serve a niente; servono le gambe e i polmoni, e la voglia di vivere così come dico io. 
Sono stanca di schiantarmi sempre contro il muro come uno stupido gioco della play in cui non vinco mai. 
Sono stanca di illudermi sempre che certe cose mi bastano e possono bastare. 
Non basta farsi bastare. 
Io voglio davvero ritrovare qualcosa. O creare qualcosa di nuovo. 

Voglio perdermi per ritrovarmi. 
A modo mio.