venerdì 20 gennaio 2012

Articolo di Giornale pubblicato sul Crotonese 17/01/2012

"Noi non ci riconosciamo in un Paese che lascia la sicurezza in mano a sceriffi spoliticizzati; che pensa che gli immigrati siano dei criminali; che non investe nella scuola, nell'università e nella ricerca, che crede che la crisi si risolva prendendola con più allegria, che invita i medici a denunciare i propri pazienti, che non tassa i più ricchi perché sono pochi".
 -Debora Serracchiani

Partiamo da qui, partiamo da questa Italia così stanca, così derelitta che a malapena si trascina sulle proprie gambe; partiamo da qualcosa che abbiamo perso, che ci è stato strappato, e quel qualcosa si chiama ‘dignità’.
La dignità che abbiamo perso nel corso dei decenni peccando di superbia, di lussuria, e lasciandoci trascinare da Governi inconsistenti, da manovre che sembravano non potessero toccarci da vicino eppure, questo nuovo anno si apre con le peggiori tragedie economiche.
Tra ragazzi nella mia città si usava dire: “Fra poco ci fanno pagare anche l’aria che respiriamo” e forse a questo stiamo arrivando.

Noi Italiani siamo sempre stati abituati a vivere bene, nei nostri agi, nelle nostre case calde piene d’amore e di ricchezza, e non parlo solo di denaro, ma di ricchezze di spirito, di armonia e di serenità.
Elementi che lentamente ci sono stati sottratti, un po’ per la bassa cultura in cui siamo caduti e un po’ per le problematiche sociali ed economiche che hanno investito il nostro Paese.
E forse l’errore più grande è proprio questo : restare fermi immobili con l’amaro in bocca e non fare nulla per cambiare questa situazione.
Ogni giorno ci bombardano con frasi inutili, ogni giorno siamo chiamati come popolo Italiano a dare una svolta, a risanare questo debito, a occupare i posti di lavoro o a crearne di nuovi, lo Stato invita i giovani ad avere fantasia, a perseguire con parsimonia i nostri ideali.
Ma la domanda sorge spontanea : su quali basi? O forse sarebbe meglio dire : in quali sogni?
Se fossimo nati ai tempi di Gesù forse ci sarebbe anche stato bene mangiare un tozzo di pane al giorno e vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo; ma ai nostri giorni, nell’epoca della tecnologia immediata, non possiamo accettare di vivere come duemila anni fa. Il resto del mondo non ce lo permette. (Da premettere che l'Italia è tecnologicamente parlano indietro di 20 anni rispetto all'America e alla Cina).
Non possiamo permetterci di essere trogloditi che non hanno uno scopo nella vita e che piegano la testa ignorando quello che succede intorno a loro.
Una volta l’Italia era davvero una Repubblica Democratica fondata sul Lavoro.
Adesso siamo un popolo diviso, diviso da chi sta bene e si interessa poco del debito pubblico, e da chi invece è stato travolto da quest’ondata di malessere e si ritrova in uno status sociale veramente vergognoso.
Con le parole nessuno è mai riuscito a segnare la storia.
Si ha bisogno di crederci, di alzare la voce senza timore che nessuno possa obiettarci, contraddirci o addirittura metterci a tacere.
Niente ci deve influenzare, perché chi crede in se stesso possiede già un passo in più verso un miglioramento futuro a dispetto di chi invece ha smesso di credere, e allora continuerà a stare comodamente seduto nella sua poltrona aspettando che siano gli altri ad agire per lui.
Abbiamo bisogno di farci giustizia, l'italiano ha bisogno di essere rispettato.
Basta aspettare raccomandazioni, basta sperare che qualcuno inizi a far girare le cose in maniera diversa; abbiamo una necessità primaria : che si possa lavorare degnamente, senza sotterfugi, senza raccomandazioni, senza umiliazioni da parte dei 'potenti'.
Il cambiamento non dipende dagli enti ma da noi stessi.
L'appello consiste nel fatto che la gente qui muore davvero di fame, che le persone veramente non possono permettersi più di fare la spesa e di portare una volta a settimana la pizza a casa ai propri figli e tutto questo per colpa di chi?
Il problema vero nasce da qui, da questa terra, da questo mare, da questa gente; smettetela di adagiarvi sugli allori voi che ancora avete un 'posto sicuro', e smettetela voi che invece non l'avete di lamentarvi sottovoce.

“Non sono un Libertador. I Libertadores non esistono. Sono i popoli che si liberano da sé.” -Ernesto Che Guevara


Alessia Barresi

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