Giocavo in mezzo ai matti mentre il resto del mondo se ne stava fermo immobile ad aspettare che io facessi un passo falso. Avevo quella maledetta ape tra i capelli che continuava a farmi correre all'impazzata, a farmi girare su me stessa, a strapparmi la pelle di dosso; e lei non andava via, aveva preso casa tra i miei capelli un pò bianchi, un po' stanchi, e adesso troppo corti.
Esisteva ancora gente che parlasse di lanterne, lanterne di sogni? Ma cos'era un sogno? Se chiudevo gli occhi riuscivo a percepire cosa fosse un sogno, quale era il mio sogno. Tutto si perdeva nell'attimo in cui riuscivo a fare respiri profondi in cui sentivo la vita che mi penetrava nelle ossa, s'insidiava nella mia colonna vertebrale e mi bruciava il veleno che io volevo lasciare a circolare ancora un po' dentro al mio corpo.
Quel veleno a me caro, quelle ossa oramai violentate, quel cuore oramai stuprato e ridotto in brandelli di cera sciolta sotto al sole. Ma il sogno era chiudere gli occhi mentre fuori il cielo era pieno di nuvole e riaprire gli occhi dopo 2 minuti e rendersi conto che c'era un raggio di sole sul pavimento della tua stanza, proprio lì, sotto ai tuoi piedi. Era un miracolo. Era un miracolo che vedessi il sole proprio quando la speranza era sparita per sempre. Stavo sognando ancora, tra meraviglie e disgrazie e vivevo nel caos totale, nel caos calmo che all'impazzata lottava per ogni cosa e per ogni persona.
Allora sognare non aveva prezzo, sognare consisteva nel socchiudere le palpebre e lasciare che l'amore entrasse da ogni piccola o grande apertura, ma quel carcere era solo ben arredato. Le sbarre c'erano e nessuno le vedeva e il problema sostanziale stava diventando proprio questo : nessuno si accorgeva che c'erano delle sbarre, che la porta era chiusa a chiave e quella chiave non l'avevo di certo io che ci vivevo dentro. Immaginavo che a nutrirmi fosse l'aria contaminata che proveniva dalle finestre scure e con poco sole, e farmi respirare fosse il mio cuore pieno di amore, avevo bisogno di trovare qualcuno da amare forse più di me stessa o almeno quanto me stessa. Volevo innamorarmi e tutta quella condizione di ricerca mi infleggeva la pena più grande, la solitudine. Una persona una volta mi disse che se nella vita impari a farcela da sola hai vinto, altra gente invece mi diceva che chi perdona ha vinto nella vita. E io a me stessa cosa dicevo? Continuavo a domandarmi se la scelta che stavo facendo era quella giusta, se mi piaceva ancora sognare attraverso uno sguardo, una carezza, attraverso gli occhi socchiusi mentre baci la persona che ti piace. Quello era sognare o solo mettere in pratica un desiderio? Le mani sul mio petto, l'odore della pelle, la percezione che tutto quello che io volevo era lì senza complicanze e che mi portava a stare bene, poteva bastarmi? Avrei iniziato dopo un po' di tempo a cercare di piu' o avrei vissuto sempre come se tutto fosse un inizio? Si vive bene d'inizi, ci sono emozioni e sensazioni che nessuno capisce, che poche persone riescono a provare. Un mondo pieno di superficialità non ha mai aiutato l'animo ribelle di chi invece ha bisogno di evadere dai soliti schemi e ha bisogno ogni giorno di trovare nuovi confini da scavalcare. Non era logica, era amore. Amore per quello che la vita ti donava giorno dopo giorno. Amore per la passione di un arte, di un emozione. Amore. Solo Amore. Se tutto fosse così facile vivremmo meglio, ma si sa che le anime tormentate devono entrare nel loro stesso tunnel, devo poter provare a cambiare la realtà. Si sa che le anime che credono in qualcosa vengono spinte dal senso del dovere verso se stessi e verso quello in cui credono. Avevo sepolto la logica per lasciare che la mia vita prendesse la piega emozionale che per quante volte mi avesse potuto deludere so già che non mi avrebbe mai abbandonata come il resto del mondo aveva fatto. La mia emozione più grande era essere me stessa controcorrente. Ecco cosa ero, una piccola farfalla che sbatteva le ali contro vento, un puntino, un quasi niente. Ma, è proprio dalle cose impossibili che nascono le migliori opere d'arte.
Spiegami come il lume della notte,come il delirio della fantasia. Spiegami come la donna e come il mimo, come pagliaccio che non ha nessuno. Spiegami perché ho rotta la sottana: uno strappo che è largo come il cuore.
martedì 20 marzo 2012
Ed io quel mondo l'ho abbracciato.
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