Lavorare sul limite. Questo era il nuovo, vero, esistenziale ed esilarante problema.
Quale limite? Da dove partiva? Dove finiva? Come lo si attraversava? Come lo si superava?
Erano troppe le domande che quella notte mi ero posta in preda all'ansia e tra il sonno e la veglia.
Era una produzione di un luogo mai esistito, o forse meglio ancora ero uno spazio temporale che andava oltre quello che io volevo essere e mi spingeva in qualche modo ad essere di piu', a dare di piu'.
Tutto muoveva dal necessario e dal denegato, e nessuno era in grado di capirlo. Stavo iniziando ad odiare il "non detto", tutte quelle cose che la gente si preservava in attesa di qualcosa che ancora doveva arrivare, tutte quelle chiarezze che la gente non voleva dare per preservare il suo alone di mistero. E continuavo a chiedermi che senso avesse continuare a dare un contributo significativo se nessuno poi sapeva veramente quale fosse la mia realtà storica, la mia realtà di essere umano, la mia essenza. Stavo rischiando di restare senza autonomia dell'ideologia e stavo correndo il rischio di non essere capita. Vivevo bene tra cataste di libri, di articoli, tra sogni nel cassetto che mi guardavano intimiditi e forse anche un po' stanchi di restare lì per ancora chissà quanto tempo. Poi arrivava il tormento dell'anima, e lì' ci puoi fare poco.
L'anima mi bruciava dentro come un fuoco violento, avevo voglia di amare, voglia di liberarmi dal solito confine, dal solito limite che non portava le persone ad essere quello che realmente sono. E ogni tanto arrivava una doccia fredda a dirmi "è solo fantascienza Alè, smettila di sognare". Potevo realmente smettere di sognare o dovevo continuare a immaginare la mia vita ideale e a inseguire quel magico sogno? A volte mi sentivo un "modello" ma di scarto. Quelle volte in cui le mie differenze erano in proporzione all'unità formale che tutti si erano precedentemente costruiti. Ma poi mi consolavo dicendo a me stessa che erano scarti 'relativi' a dei modelli relativi che non tutti avrebbero capito.
Non mi spiegavo come fosse possibile che qualcuno mi avesse condannata a così tanta sensibilità e perspicacia e che nessuno mi avesse messo allo stesso tempo affianco una persona che potesse fare lo stesso con me. In alcuni momenti diventava un chiodo fisso questo pensiero di restare relativamente soli a capire, comprendere e scrutare gli altri mentre nessuno si prendeva la briga di capire ME.
Mi svegliavo in forma e mi deformavo attraverso il RESTO, proprio come diceva una delle mie scrittrici preferite. Ero lì ma era come se non ci fossi, e nonostante la mole risultavo sempre trasparente e mi ero resa conto che questo vuoto esistenziale non derivasse dal non sentirsi accettata, come capita a molti. Tutto questo derivava dalla voglia di conoscenza insaziabile che non si fermava mai. Avevo bisogno di correre con qualcuno che corresse. Avevo bisogno di capire e di intravedere in qualcuno che esistesse ancora un rapporto con il passato, un rapporto con ciò che si era, con quello che si era oggi, e con la determinazione di quello che si poteva essere continuando a mutare in un mondo che invece tutto voleva tranne che il CAMBIAMENTO.
E il mio cambiamento migliore, quello che di piu' bello potevo offrire agli altri era proprio questo : la mia mente, il mio amore intellettuale, la mia passione associata a quello che di piu' bello potevo ricevere dalla vita, il sogno di sentirmi me ma allo stesso tempo di estraniarmi ed essere sempre una NUOVA ME.
Spiegami come il lume della notte,come il delirio della fantasia. Spiegami come la donna e come il mimo, come pagliaccio che non ha nessuno. Spiegami perché ho rotta la sottana: uno strappo che è largo come il cuore.
lunedì 19 marzo 2012
Una storia ♥
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