sabato 12 maggio 2012

Un pensiero trovato per caso su strada.

Giocavo in mezzo ai matti mentre il resto del mondo se ne stava fermo immobile ad aspettare che io facessi un passo falso. Avevo quella maledetta ape tra i capelli che continuava a farmi correre all'impazzata, a farmi girare su me stessa, a strapparmi la pelle di dosso; e lei non andava via, aveva preso casa tra i miei capelli un pò bianchi, un po' stanchi, e adesso troppo corti.Esisteva ancora gente che parlasse di lanterne, lanterne di sogni? Ma cos'era un sogno? Se chiudevo gli occhi riuscivo a percepire cosa fosse un sogno, quale era il mio sogno. Tutto si perdeva nell'attimo in cui riuscivo a fare respiri profondi in cui sentivo la vita che mi penetrava nelle ossa, s'insidiava nella mia colonna vertebrale e mi bruciava il veleno che io volevo lasciare a circolare ancora un po' dentro al mio corpo.Quel veleno a me caro, quelle ossa oramai violentate, quel cuore oramai stuprato e ridotto in brandelli di cera sciolta sotto al sole. Ma il sogno era chiudere gli occhi mentre fuori il cielo era pieno di nuvole e riaprire gli occhi dopo 2 minuti e rendersi conto che c'era un raggio di sole sul pavimento della tua stanza, proprio lì, sotto ai tuoi piedi. Era un miracolo. Era un miracolo che vedessi il sole proprio quando la speranza era sparita per sempre. Stavo sognando ancora, tra meraviglie e disgrazie e vivevo nel caos totale, nel caos calmo che all'impazzata lottava per ogni cosa e per ogni persona.Allora sognare non aveva prezzo, sognare consisteva nel socchiudere le palpebre e lasciare che l'amore entrasse da ogni piccola o grande apertura, ma quel carcere era solo ben arredato. Le sbarre c'erano e nessuno le vedeva e il problema sostanziale stava diventando proprio questo : nessuno si accorgeva che c'erano delle sbarre, che la porta era chiusa a chiave e quella chiave non l'avevo di certo io che ci vivevo dentro.

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