mercoledì 4 giugno 2014

La fine di una giornata.

Le 20,00 e sembra agosto; il sole caldo e dentro il tetto rotto.Niente musica all'orizzonte e molta confusione sulla spiaggia.E' solo giugno, è solo casa, è solo tempo  . . . Parole sparse per strada tra la gente che indifferente passeggia senza conoscere cosa ne sarà del suo domani; e continuo a chiedermi perchè fossi così affannata dal voler sapere a tutti i costi " CHE COSA SAREBBE SUCCESSO DOMANI" ! ! ! Ripensavo alle storie piene di senso e a quelle che invece un senso non lo avevano mai avuto, a chi ti raccontava da bambina quegli aneddoti così complicati e così grandi, quelle storie interminabili a più puntate che i vecchiarelli per strada non si stancavano mai di raccontare. Il caos pervade la mia mente assillata di voci, mi sono corretta, parlo sempre di me al passato, tranne questa volta, non so se è eccezionale però ci provo.Ho sempre odiato le persone che non ammettevano di stare bene e di non desiderare altro se non ciò che avevano già dalla vita, sembrava quasi si spaventassero di dire ad alta voce : " SI, SONO FELICE E DALLA VITA NON POSSO PRETENDERE ALTRO" !Come se qualcuno potesse adocchiarli, invidiarli, perseguitarli. A me fregava poco però, fino al momento in cui non ho iniziato ad entrare in quel meccanismo popolare e a capire o almeno, a provarci, e ad avere le prime risposte su come funzionava il fantastico mondo delle "dicerie popolari".Non c'erano schemi ben precisi ma solo il cattivo gusto di non fare sapere i fatti propri personali ma di utilizzare sempre qualche jolly ; che so, c'è sempre qualcun altro di cui sparlare vero ? Tu venivi da me, per esempio, mi chiedevi come andava col fidanzato, all'università, e io per leggere e scrivere tiravo fuori la storia di Tizia che aveva tradito il marito con la sorella della cugina dello zio e che per questo era scappata di casa e non aveva potuto finire gli studi. Ecco, così avevamo conversazione per almeno un paio d'ore senza che nessuno mi rompesse più le scatole sui fattacci miei.Che gioco di parole.E così nascevano le storielle di strada, o dei quartieri, o dei paesi. Se ne parlava fino allo sfinimento e i figli dei figli crescevano con queste teste grosse come dei meloni, pieni di stronzate attive, di pettegolezzi quasi come se fossero stati loro i protagonisti delle storie.Pensate, io mi sarò infilata si e no, sei mila volte in casa di una tipa che ha tradito il marito e poi ha lasciato i figli ma poi è tornata e sapete cosa? Io ero sempre lì. Simpatico no?Troppi pettegolezzi e chiacchiere inutili affollavano il cervello mentre il mondo scorreva più veloce di quanto non pensassimo.Non lo so se è giusto stare sempre dietro a cose futili, delle volte mi domando se sia giusto pensare a quelle utili, vedi un po' tu. Ci sono momenti di pura felicità e attimi, forse impercettibili in cui tutto sembra sgretolarsi, come quando ti pare di vedere una cosa con la coda dell'occhio anche se in realtà è tutto fermo, immobile. Mi sento sempre così sospesa come se le cose stessero succedendo, e a volte succedono, altre no, e alla fine non è una tragedia ma solo un pezzo di vita condiviso, che cresce, che matura.Le chiacchiere stanno a zero. Odio i contenuti privi di fatti, gli spazi vuoti sono per le persone vuote, io invece, nonostante tutto, scelgo sempre di essere e di provarci.E il bello di me è che ancora non mi sono arresa. 


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