giovedì 25 settembre 2014

La bottega dell'antiquario.

Mi chiedo spesso se salire sul palcoscenico sia da supereroe o da sfigato cronico. 
Non ci sono giorni ideali e nemmeno giorni immaginari, c'è solo la vita che scorre e che passa inesorabile davanti ai nostri occhi. 
Ci chiediamo se sia possibile entrare nel negozio di antiquariato, se vogliamo davvero comprare quella vetrina o se davvero ci servono quei piatti. -E se acquistassimo un pezzo della nostra vita? Se ci regalassimo un viaggio dentro noi stessi? Se fosse possibile diventare un oggetto vintage da lasciare sul comodino ogni volta che lo volessimo. 
Stacchi il mondo e lo lasci li un po' a marcire nel cassetto di una scrivania comprata a pochi euro in quella bottega. 
Socchiudo gli occhi e immagino tante cose di legno, non so se fosse legno scadente o buono, ma è caldo, sensibile, coraggioso. 
Apro la porta, con la sicurezza di chi si trova nel posto giusto; le mani sempre calde, suona qualche pendaglio attaccato alla porta, ed è subito magia. Quel fruscio di campanellini mi fa sentire a casa. 
Davanti a me tanti libri, agli occhi sale subito il colore arancione, marrone caldo, beige, crema e tanto altro ancora. Sulla sinistra uno scaffale pieno di oggetti antichi, alcuni non saprei neanche denominarli, -la beata ignoranza del ventunesimo secolo ha colpito e affondato anche me -ed ecco che dal soffitto passa la luce calda del sole a mezzogiorno, in autunno. Sembra un albero spoglio di foglie cadute a terra vecchie e ingiallite. La stanza sembra piccola, stretta, trovo Baudelaire e mi metto alla ricerca dei Fiori del male. ( che poi quando mai ho capito il male cosa c'entrasse con i fiori, ed i fiori, sopratutto chi erano?) 
Avevo sempre dato la mia personale interpretazione ai fiori del male : per me era come se qualcosa marcisse sotto al profondo di ogni radice di ogni fiore. Eravamo marco e ancora dovevamo scoprirlo. Avevamo appassito prima di fiorire e per noi non c'era più scampo. 
Dietro una scrivania liscia, passavo la mano sopra, era legno levigato bene, non troppo alta, arrivava quasi alle cosce, semplice di un colore indescrivibile ma affettuoso; lì stava un uomo perso nella sua barba lunga, forse non troppo curata, nera come il carbone, occhi spenti , mani stanche sempre sporche d'inchiosto. -la bottega era servita a ricordargli che nessun computer avrebbe potuto sostituire la penna, la carta ingiallita, le parole scritte così di getto o forse copiate o forse forse a casa per essere memorizzate. 
Pensieri curvi sulla schiena, mille parole nella testa : -e se facessi questo? E se non lo avessi fatto? Se fosse possibile cambiare il corso degli eventi? Se avessi letto meno libri oggi chi sarei ? 
Era quel mix tra un vecchio comunista che aveva passato la sua vita a rincorrere degli ideali che invece inevitabilmente lo avevano portato solo a rintanarsi curvo nei suoi ideali e il remake di Into the Wild, alla ricerca di se stesso dentro se stesso; magari proprio in mezzo alle cianfrusaglie calde e commoventi della sua scrivania. 
Restavano dentro queste impressioni, imprigionate come un campo di gran turco sotto una coperta gelata. 
Vecchia musica intramontabile, De Gregori diceva che "ora un raggio di sole si è fermato sopra il mio biglietto scaduto" , la tristezza passerà domattina e aveva ragione, spiccavano ali dentro la stanza che sembrava come se la osservassi in prospettiva e si andasse ad aprire sul mondo. Non era una finestra sul mondo ma un palcoscenico; il palcoscenico su cui si aveva il terrore di salire. Avrei dovuto togliere il cappello prima di salutare il commerciante ? Quel senso di famiglia e di casa avrei dovuto coglierlo tra la polvere di Machiavelli e di Allan Poe? Follia pura nell'aria di casa; i pezzi di casa che lasci di tanto in tanto in giro nel mondo così che tu abbia sempre il pretesto per tornare a fare visita. 
Guardai le mani stanche e appresi che dietro quella scrivania, perso nelle sue cuffie c'era qualcuno che avevo conosciuto tanto tempo fa; qualcuno che non aveva perso la voglia di sognare ad occhi chiusi; certo gente, non lo sapevate che si sogna come si bacia ? Ad occhi chiusi e a respiri incerti. 
Note sparse, come se prendesse forma un pianoforte, e di corsa dentro la metro, all'impazzata ed è subito buio. 
Rumore forte di rotaie elettriche. Il palcoscenico, i libri per aria, la pioggia, le corse pazze per ritrovare la luce, niente più campanelli solo tuoni dentro tuoni. 
E mi chiesi : anche in mezzo al caos della quotidianità sono ancora in grado di trovare il coraggio per scrivere ? 

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