mercoledì 7 marzo 2012

Es-senza ♥

"Neppure nella cosa più importante della sua vita, l'amore era riuscita a raggiungere una meta: dopo la prima delusione, aveva scelto di non abbandonarsi più totalmente. Temeva la sofferenza, la perdita, l'inevitabile separazione. Di certo, erano pericoli sempre presenti lungo la strada dell'amore, e l'unica maniera di evitarli era quella di rinunciare a percorrere quel cammino. Per non soffrire, era indispensabile non amare."
-Paulo Coelho (Brida)


Pensate si possa non amare più?
Forse solo rinunciando ad alcune cose è possibile essere felici.
Immergersi in un abbandono totale non è la chiave per essere quello che siamo.
Avevo rinunciato ad amare, non riuscivo a provare più lo stesso sentimento di una volta, non m'interessa più da una vita credere o provare qualcosa che dopo mi ha solo distrutta.
Ero felice in assenza di amore? Ero ripagata avendoci rinunciato?
Non lo so, era questo il punto. All'apparenza stavo bene ma dentro bruciavo viva.
Mi sentivo in una vasca piena d'acqua con un fuoco sulla pelle che non si spegneva mai.
Ero sotto il sole con gli occhi chiusi che immaginavo volti lontani e sorrisi oramai perduti per sempre.
Guardavo il monitor del pc, e speravo che mi venisse l'ispirazione per quell'articolo di giornale, per quella frase ad effetto nel blog, per quella poesia in inglese che non avrebbe capito quasi nessuno.
Stavo bene ma stavo male.
Avevo l'armonia delle cose intorno a me e il caos calmo dentro me.
Accontentarsi, rinunciare, provare. Avevo sempre odiato questi verbi sin da bambina, ed ero arrivata alla mia età a non tollerarli quanto meno sulla mia bocca.
La gente poi si sa, ne dice di stronzate per apparire quella che non è.
Sentivo gente parlare di matrimonio dopo mesi di fidanzamento, sentivo discorsi infiniti fatti da persone che due parole in fila e in lingua italiana non sapevano neanche metterle, mi perdevo dentro le gridate dei vicini di casa, dentro le polemiche dei telegiornali, dentro la mormorazione della mia città.
E mi sentivo estranea.
Guardavo da lontano chi combatteva per un ideale politico, culturale, sociale, e mi veniva da sorridere e da pensare che tutto quello era un lavoro vano e inutile per la mia città.
Sentivo il chiacchiericcio della gente per le strade, nei negozi, tra amiche tutte si chiamavano "amò" come se fosse normale chiamare amore chiunque avessimo affianco mentre provavamo un paio di scarpe.
Guardavo con ammirazione amiche che oramai hanno imparato il loro mestiere e riflettevo su quanto fossero fortunate ad aver imparato qualcosa, io ero ancora qui a scrivere. Cosa mi restava nella vita a me?
Il bianco e il nero, la carta e la penna, ecco tutto.
E mi veniva più facile essere 'decadente' e 'melodrammatica' per far sì che qualcuno leggesse.
Ero persa nelle innumerevoli paia di scarpe che avevo comprato nelle ultime settimane, alte, basse, scure, chiare. Ero persa nei capelli che lentamente come ogni mese scolorivano, e nel trucco che sembrava sempre lo stesso solco sul viso.
L'espressione non cambiava mai, peggiorava, dentro urlava, piangeva, rideva, non sapeva più dove aggrapparsi, la disperazione dilagava come un veleno che velocemente s'insinuava in ogni arteria.
Stavo morendo dentro o era solo ansia che sarebbe passata in 5 minuti?
Mi sentivo con una personalità sdoppiata e non sapevo se la parte che io volessi essere di me era quella buona o quella cattiva, non sapevo se volevo essere colei che rinuncia all'amore o colei che prova a cercarlo ancora.
Sentivo dentro solo che dovevo soffocare qualcosa e che doveva venire fuori la pazzia, la follia, la tenebra che covavo dentro, e per quanto non lo volessi, fuoriusciva dagli occhi e mi avvolgeva il corpo di un manto diverso.
Dovevo provare tante cose prima di decidere cosa essere, prima di poter morire.
Dovevo ancora sognare molto prima di decidere di smettere. E gli altri dovevano lasciarmi in pace. 


Nessun commento:

Posta un commento