domenica 3 giugno 2012

La polvere della speranza.

Cadono le stelle dal terzo piano di questo appartamento oramai troppo pieno di emozioni, di sensazioni, di pensieri, di preoccupazioni, di ricordi. Continuano a cadere stelle giù nel giardinetto mentre i cani di strada raccolgono la polvere di sogni e scappano lontano per andare a seppellirla chissà dove. Fuori era scoppiata l'estate eppure mi ostinavo ancora a tenere chiusa la finestra, ancora non avvertivo il caldo, non ero gelosa delle persone che vedevo in acqua affacciandomi dal balcone. Non me ne fregava niente di quello che succedeva intorno, a tratti e a momenti non sopportavo neanche la mia stessa voce, difatti restavo in silenzio a sognare. Avevo scoperto nei sogni qualcosa che sembrasse un barlume di felicità. Come quando si è piccoli e ci si addentra sotto il letto sperando di scoprire ogni volta un mondo nuovo, oppure quando si va al mare o si scende sotto casa per strada a giocare, ogni volta da bambini è la volta buona per vedere il solito paesaggio con occhi diversi e scoprire nuovi posti interessanti e magici. Allora avevo pensato di guardare dentro me stessa con una nuova prospettiva che forse avrebbe portato a qualcosa di positivo e di emozionante : la riscoperta di me, la ritrovata me stessa, l'uscita dallo specchio, il nuovo amore, un sentimento diverso che prevedeva comunione tra me e me stessa. Tante volte mi perdevo in discorsi senza senso, immaginavo che il mondo fosse un posto abitabile, pieno di prati su cui distendersi, pieno di rose e di girasoli, pieno di lillà da respirare nell'aria di fine primavera, immaginavo il mare sempre calmo della sera che mi lasciava la salsedine sui polpastrelli anche senza che mi avvicinassi troppo ad esso. Io immaginavo troppo cose che non c'erano ma che importava, a me stava bene, io proiettavo la mia vita in una dimensione che nessuno conosceva e che nessuno avrebbe potuto distruggere senza il mio permesso. Ci volevano le chiavi per entrare nel regno dei matti e solo io le possedevo. Era capitato che qualcuno me le avesse rubate in passato e mi avesse distrutto un pezzetto di paradiso ma come tutti i regni che si rispettano hanno dei sogni così alti e così forti che poche cose o forse niente possono veramente infrangerli. Avevo immaginato una credenza piena di dolci, torte, muffin, pasticcini, nutella, biscotti di tutte le forme, dimensioni e gusti, caramelle gommose, marmellata, succhi di frutta di ogni tipo. Ed io ero lì con le mani nella marmellata felice. La felicità mi avrebbe trovata con le mani sporche di marmellata, la serenità sarebbe arrivata solo se io l'avessi aspettata con i propositi migliori. E il mio cuore si sarebbe nuovamente innamorato solo se non avesse smesso di sperare che la fuori esisteva ancora l'uomo perfetto per me. Ma era così dannatamente difficile, era difficile far coincidere i miei sogni con la realtà. Una realtà spesso nera come la pece, immobile, immutabile; ed io piena di sogni che avanzavano e la realtà piena di delusioni e di mutismo. Stavo male. Sognavo, desideravo ma allo stesso tempo mi scoraggiavo. E allora iniziava il vero combattimento alla ricerca di me. E mi ero ripromessa che se un giorno mi fossi trovata non avrei desiderato più niente. Perchè avrei avuto accanto la cosa più preziosa che potessi volere : me stessa. Il mio equilibrio, il mio benessere, il mio amore. Davo amore a me perchè me ne aveva bisogno più di qualsiasi altra persona sulla faccia della terra. Regalavo sorrisi a me perchè quando sorridevo, me si sentiva viva. Cosa si poteva desiderare di più? E quella domenica pomeriggio misi per un po' la testa sotto al letto facendomi spazio tra la polvere di vecchi ricordi e la nuova speranza di poter scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che fino ad allora non avevo ancora inventato. 

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